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DEGRADAZIONE UV DI MATERIALI POLIMERICI: STUDIO ATTRAVERSO LA SPETTROSCOPIA INFRAROSSA

Le materie plastiche sono largamente utilizzate in applicazioni dove la resistenza alla fotodegradazione è uno dei requisiti principali del manufatto. Per questo motivo la conoscenza dei processi degradativi fotoindotti è oggetto di studio continuo.

In quasi tutte le applicazioni per esterno infatti, il solo polimero non potrebbe garantire la durata del manufatto che, necessariamente, dev’essere stabilizzato.

Il primo responsabile della degradazione fotoindotta è, oltre naturalmente all’energia della radiazione stessa, la presenza di ossigeno atmosferico.

La spettroscopia infrarossa, associata a tecniche di degradazione accelerata, consente in molti casi lo studio dell’attacco chimico dell’ossigeno sul polimero.

Attraverso un lavoro sperimentale sulla degradazione di alcuni polimeri termoplastici, RDLab137 ha messo a punto un metodo che ha permesso di studiare la cinetica di fotodegradazione attraverso l’utilizzo di spettri infrarossi in maniera ottimale.

Premettiamo che per poter affrontare uno studio sulla degradazione dei polimeri è necessario ricorrere a tecniche di degradazione accelerata mentre, per osservare gli effetti della degradazione sui polimeri, si ricorre ad indagini microscopiche o macroscopiche. La spettroscopia infrarossa e la spettroscopia Raman sono in grado di indagare eventuali nuove strutture chimiche che vengono a crearsi con la degradazione.

E’ infatti possibile osservare come uno stesso campione analizzato a tempo t=0 e ad un tempo t successivo, può registrare la comparsa di bande, e quindi di gruppi chimici, che al tempo t=0 sono assenti.

La Fig. 1 illustra un esempio di spettro infrarosso di materiale (polietilene) nuovo e degradato: nello spettro del campione degradato emergono tre bande nuove che corrispondono rispettivamente: al gruppo ossidrile (OH), che appare come una banda molto larga tra i 3000 e i 3600 cm -1; il gruppo carbonile (C=O) che presenta una banda localizzata intorno ai 1750 cm -1; e una banda compresa tra 1100 e 1300 cm-1 dovuta ai gruppi C-O-C che si formano stabilmente quando la degradazione è avanzata.

DEGRADAZIONE UV1

Fig. 1 – Confronto tra lo spettro del polietilene nuovo e degradato

Inoltre, se osserviamo la Fig. 2, vediamo che la struttura dell’assorbimento dovuta al carbonile indica almeno tre bande dovute al differente intorno molecolare dei legami C=O formatisi. I tre picchi sono attribuibili infatti a tre posizioni differenti del carbonile all’interno della catena:

-          Gruppi di acidi carbossilici, che danno assorbimento a 1714 cm-1

-          Gruppi chetonici interni alla catena che danno assorbimento a 1731 cm -1

-          Gruppi esteri che danno assorbimento a 1785 cm-1

DEGRADAZIONE UV 2

Fig. 2 – Ingrandimento della banda del carbonile

Per tutti i polimeri esaminati nel corso del lavoro sperimentale (Polietilene LDPE e HDPE, Polipropilene PP, Polivinilcloruro puro PVC e con l’aggiunta di plastificanti PVC Plast, Polistirene puro PSC e antiurtizzato PSA, Acrilonitrile-Butadiene-Stirene ABS ed Etilene-Vinilacetato EVA) la spettroscopia infrarossa si è rivelata un potente mezzo d’indagine che ha consentito di seguire le cinetiche di degradazione dei materiali in esame. Per tutti i polimeri considerati, è stata osservata la formazione di gruppi carbossilici, gruppi ossidrilici e gruppi C-O-C dopo degradazione foto-ossidativa; il gruppo carbossilico si è rivelato il più indicato ai fini dello studio della cinetica di degradazione. Il tipo di gruppi carbossilici che si formano dipende dal polimero.

L’individuazione di bande di assorbimento nette, indici del grado di fotodegradazione, ha consentito di seguire le cinetiche di degradazione ma anche di confrontare, per ogni singolo polimero, andamenti fotodegradativi dovuti a sorgenti diverse. Questo ha permesso di misurare sperimentalmente per ogni materiale esaminato i rapporti di accelerazione relativi all’utilizzo di due serie di lampade UV differenti che vengono normalmente utilizzate nelle macchine di invecchiamento. Tale approccio, ha consentito di paragonare tra loro tempi di invecchiamento differenti per le sorgenti considerate e quindi di utilizzare sorgenti più degradanti rispetto a quanto consigliato dalla normativa, con tempi di esposizione che in alcuni casi risultano nettamente inferiori.

RDLab137 dispone della strumentazione e delle competenze necessarie per affrontare problematiche di cinetiche di degradazione di materiali polimerici di applicazione industriale come per esempio film agricoli, materiali per edilizia, materiali per il settore automobilistico ed altre applicazioni come cavi elettrici, erba sintetica, contenitori per esterni, etc.

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Dr. Erica Mannucci

RDLAB137 srl

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