Via Cascina Venina, 7 - 20057 Assago (MI) +39(0)236522962 info@rdlab.it

MATERIALI PLASTICI RICICLATI, DI ORIGINE BIO E BIODEGRADABILI: ALCUNI CONCETTI GENERALI

L’enorme sviluppo negli ultimi anni di concetti e tematiche relative alla sostenibilità, all’impatto ambientale e all’economia circolare, ha portato all’introduzione nel settore delle materie plastiche di materiali di origine bio e/o biodegradabili e ad un notevole incremento dell’uso di materiali plastici riciclati (questi, ad oggi, sono principalmente ottenuti da materiali termoplastici per riciclo meccanico).
A volte può esserci una certa confusione su cosa siano questi vari materiali e su come si possa capire se un dato prodotto finito sia basato o meno su materiali bio e/o biodegradabili o contenga del materiale riciclato.
Partiamo da quest’ultimo punto, cioè dall’uso di materiale riciclato (per una descrizione più estesa della differenza tra varie tipologie di materiali riciclati si rimanda all’articolo presente al link https://rdlab137.it/it/2019-06-06-09-01-40/sostenibilita-nell-ambito-delle-materie-plastiche-introduzione-e-concetti-generali.html
Molte volte, quando si parla di materiale contenente una parte di riciclato, la prima domanda che può venire in mente, e che spesso viene posta, è la seguente: ma quanto materiale riciclato è presente in un dato prodotto?
Purtroppo va detto che la risposta non è né semplice né lineare come si vorrebbe: non è infatti possibile rispondere con una frase del tipo “il materiale contiene il 42% di riciclato” considerando che, per quanto a volte risulti possibile comprendere se il materiale contenga o meno del riciclato, non si hanno a disposizione analisi che permettano un’identificazione d una quantificazione effettiva del contenuto di riciclato essendo questo comunque, come composizione chimica, del tutto simile al materiale che lo contiene (per esempio riciclato di PE utilizzato in un prodotto base PE).
In termini più generali, compreso al meglio l’obiettivo della richiesta, l’approccio dovrebbe essere quello di “guardare” per passi il materiale e valutare, per esempio, se e come variano tutta una serie di prestazioni che sono o possono essere influenzate dall’uso di riciclato (ricordando che si considera materiale riciclato da riciclo meccanico) e cioè dal fatto che il materiale sia più o meno omogeneo come composizione (“puro” o “inquinato” in termini semplificati).
Per fare un esempio se su un componente (prodotto con un dato materiale polimerico) sul qiale si hanno dei dubbi dal punto di vista compositivo perché potrebbe essere possibile che in esso sia contenuto del riciclato, o perché sappiamo che la parte di interesse contiene del riciclato e vogliamo per lo meno verificarlo, se si esegue un'analisi DSC (calorimetria a scansione differenziale) e si ottiene un termogramma con picchi non attribuibili a transizioni del polimero specifico o con picchi particolarmente larghi e non ben definiti, può sorgere il dubbio che sia presente del materiale non identico a quello indicato come base (quale del materiale riciclato contenente impurezze e/o polimeri diversi da quello previsto).
Anche da un’analisi FT-IR (spettroscopia infrarossa a trasformata di Fourier) si ha un buon punto di partenza per valutare la composizione del componente di interesse.
Chiaramente è possibile effettuare tutta una serie di analisi, anche molto estese e sempre più approfondite, di quelle proprietà (quali quelle reologiche o meccaniche) che sono correlabili alla presenza di materiale riciclato (in piccole o grandi quantità).
Dunque, anche in funzione dei tempi e del budget disponibili per le analisi (nonché come detto da una corretta selezione di analisi e da una loro coerente sequenza) si può avere un’idea della presenza o meno di materiale riciclato sebbene non sia fattibile una quantificazione precisa.
Come detto nell’ambito della sostenibilità ed economia circolare l’uso dei materiali riciclati ha registrato una crescita veramente notevole e giusto per dare un numero, in Europa l’uso di plastica riciclata post-consumo è passato da circa 4 milioni di tonnellate nel 2018 a circa 5.5 milioni di tonnellate nel 2021 (fonte: https://plasticseurope.org/).
Possiamo aggiungere che, oltre al riciclo meccanico, negli ultimi anni anche il riciclo chimico ha visto una crescita significativa sebbene ancora lontana, come volumi, da quello meccanico; nel caso di riciclo chimico, in maniera estremamente sintetica, si può dire che si parla di un riciclo che permette di ottenere dai rifiuti plastici i medesimi tipi di monomeri / intermedi ottenuti da fonti fossili (che vengono utilizzati per produrre le materie plastiche): ovviamente se i monomeri di partenza sono i medesimi, a prescindere dalla loro origine, la qualità dei materiali provenienti da riciclo chimico è la stessa di un prodotto vergine (ottenuto da fonti fossili) e non si ha nessun impatto sulle prestazioni del materiale; è quindi possibile una sostituzione immediata dei prodotti equivalenti di origine fossile nonché, punto molto importante, un mantenimento delle certificazioni esistenti per il prodotto.
L’altra grande via utilizzata per implementare un’economia circolare e quindi aumentare la sostenibilità in generale e ridurre l’impatto ambientale è l’uso delle cosiddette bioplastiche.
Forse ancor più che nell’ambito dei materiali riciclati a volte si ha poca chiarezza sui termini usati quando si parla di bioplastiche.
Con bioplastica infatti si può intendere sia un materiale plastico ottenuto a partire da fonti bio, quindi biomasse rinnovabili (per es. olio di ricino, colza, ecc.), sia un materiale biodegradabile (nota: le materie plastiche biodegradabili possono essere degradate dai microrganismi presenti nell'ambiente; fanno ciò entrando nella catena alimentare microbica. Questa proprietà non dipende dall'origine delle materie prime ma dipende solo dalla composizione chimica dei polimeri).
Tra le fonti bio quelle ancor più preferibili, da un punto di vista di impatto ambientale e sostenibilità, sono quelle derivanti da scarti bio, chiamate anche biocircolari (per es. paglia, scarti legname, olio cucina usato, ecc.).
Le materie prime sostenibili (di origine bio o biocircolari) possono essere anche certificate da parte terza (per esempio nell’ambito dello schema certificativo ISCC Plus, https://www.iscc-system.org/).
Alcune bioplastiche possiedono entrambi questi attributi, sono cioè ottenute da fonti bio e sono biodegradabili, altre no.
Questo significa che una materia plastica ottenuta da fonti fossili, se biodegradabile, è categorizzabile come bioplastica e lo stesso è vero per una materia plastica ottenuta da fonti bio seppur non biodegradabile.
In sintesi:

tabella

Chiaramente quando si parla di bioplastiche tra le domande più comuni che vengono poste sicuramente ci sono:

1) Il materiale plastico che ho a disposizione è biodegradabile?

2) Come posso capire se un dato materiale plastico è ottenuto da fonte bio? O da altro punto di vista: qual è il contenuto bio di un dato materiale plastico?
Anche in questo caso la risposta non è semplice come piacerebbe ed implica analisi e tempi che hanno costi e durate anche significative.
Relativamente alla prima domanda il punto di partenza è comprendere e sapere come viene definito un materiale biodegradabile e soprattutto cosa si intende (in maniera quantificabile) per materiale biodegradabile: ad oggi questo è stato formalizzato tramite normative che indicano anche come valutare se un materiale è biodegradabile e cioè se rispetta quanto definito.
Per esempio possiamo ricordare le seguenti normative:

- UNI EN 14046: relativa alla biodegradabilità
- UNI EN 13432: relativa alla compostabilità

(nota: affinché un materiale sia considerabile e definibile come compostabile deve soddisfare a requisiti più stringenti rispetto a quelli definiti per la biodegradabilità: un materiale compostabile è biodegradabile ma non vale il viceversa).

Notiamo che un polimero termoplastico biodegradabile è, in linea di principio, riciclabile come ogni polimero termoplastico anche se in genere questo non avviene su larga scala principalmente perché:

- I polimeri biodegradabili sono spesso mescolati con altri materiali, come scarti alimentari (umido) e carta, nei flussi di rifiuti. Questo rende molto difficile separare i polimeri biodegradabili dagli altri materiali.
- I polimeri biodegradabili sono facilmente soggetti a degradazione durante il processo di riciclo (meccanico). Questo può portare a una riduzione eccessiva delle proprietà del materiale riciclato.
- Mancano sostanzialmente le infrastrutture per il riciclaggio dei polimeri biodegradabili.

La valutazione della biodegradabilità di un materiale plastico richiede una serie di prove e analisi, indicate nelle normative, che hanno durata di molti mesi e relativi costi associati.
Come dicevamo non è quindi possibile rispondere alla prima domanda (il materiale è biodegradabile?) in tempi brevi o con analisi di durata ridotta.
Relativamente alla seconda domanda (quale è il contenuto bio del materiale?) esistono analisi che permettono questa valutazione ma la difficoltà di risposta, sostanzialmente in termini di costi e tempi, è legata alle specifiche analisi da eseguire per poter valutare quello che è definibile come “pMC” cioè la percentuale di carbonio moderno (cioè non fossile) contenuto nel materiale, ovvero la percentuale di carbonio di origine bio.
Per determinarlo è necessario ricorrere al metodo del radiocarbonio e, quindi, a prove non certo comuni o di esecuzione immediata.
Tra le normative più importanti che indicano come valutare il contenuto bio (“bio-based content”) di un materiale plastico ricordiamo la CEN 16640-2015 e la ASTM D6866.
Da quanto detto si capisce che a fronte di problematiche relative alla biodegradabilità di un prodotto o al suo contenuto di materiale bio, non sia tecnicamente possibile, secondo le normative vigenti, dare risposte immediate: considerando un caso realmente accaduto, se del materiale viene fermato in dogana ed è richiesto di dimostrare che sia effettivamente biodegradabile (come dichiarato) purtroppo non è possibile dare una risposta che possa soddisfare a livello tecnico tale richiesta in pochi giorni (o ancor meno in poche ore…).

RDLab137 può supportare nelle analisi per valutare la presenza di materiale riciclato e/o bio nonché per la valutazione della biodegradabilità di un materiale plastico.

Ing. Luca Ciceri, 17 Gennaio 2024

RDLAB137 srl

Via Cascina Venina, 7 Edificio S - 20057 Assago (MI)

Tel. 02.36.52.29.62 - e-mail: info@rdlab.it  PEC: rdlab137@postecert.it      

p.iva: IT09709410964  - Cod. Destinatario: T9K4ZHO

Tutti i diritti riservati - All rights reserved

SCARICA LA NOSTRA BROCHURE

FOLLOW ON: