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VALUTAZIONE DEL DEGRADO DI RIVESTIMENTI ORGANICI E PRODOTTI VERNICIANTI: TECNICHE DI ANALISI

Le proprietà e le caratteristiche dei rivestimenti organici e dei prodotti vernicianti per ambienti esterni sono generalmente valutate attraverso prove di laboratorio che, in maniera accelerata, simulano alcune sollecitazioni ambientali. I materiali quindi, vengono sottoposti a prove standardizzate (e codificate in norme specifiche) quali l’esposizione in camera a nebbia salina, l’esposizione a radiazioni UV e Xenon, cicli termici, ecc.

La successiva valutazione del degrado dopo invecchiamento viene effettuata in prima analisi in modo visivo per poi essere seguita da analisi più accurate e specifiche di natura chimica, fisica e meccanica.

Generalmente un sistema protettivo-verniciante è costituito da:

- LEGANTE: miscela di polimeri generalmente solubili o disperdibili in solventi e/o acqua, in grado di reticolare e filmare

- MISCELE DI SOLVENTI con funzione di fluidificare il sistema e renderne possibile l’applicazione sul substrato

- PIGMENTI: costituiscono la parte solida in sospensione ed hanno generalmente lo scopo di colorare il prodotto finale

- ADDITIVI: prodotti di varia natura necessari per impartire particolari e fondamentali caratteristiche (tensione superficiale, resistenza UV, ecc.)

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Può essere definito prodotto verniciante una miscela di prodotti chimici che, applicata in più mani mediante una sequenza ben definita, forma una pellicola solida dotata di resistenza meccanica e chimica tale da proteggere il supporto dall’aggressione degli agenti chimico-fisici presenti nell’ambiente.

Le caratteristiche di garanzia all’invecchiamento di un sistema verniciante possono riassumersi nelle seguenti categorie:

-     ASPETTO – BRILLANTEZZA

-     DUREZZA SUPERFICIALE – ELASTICITA’

-      ADESIONE

-      RESISTENZA CHIMICA (resistenza ad umidità, acidi, basi, agenti chimici vari)

-     FOTOSTABILITA’: capacità di una vernice di conservare inalterato il suo colore se esposta alla luce

Il termine degradazione definisce processi che comportano modificazioni chimiche di entità anche limitata, ma di effetti rilevanti sulle proprietà caratteristiche del materiale.

Rivestimenti organici e prodotti vernicianti subiscono facilmente processi di degradazione per effetto di agenti fisici:

-     calore

-     luce

-     radiazioni ad elevata energia

-     agenti chimici (ossigeno, ozono, acqua, inquinanti atmosferici, etc.)

I processi di degradazione portano ad un progressivo deterioramento delle proprietà meccaniche, ottiche, chimiche del materiale il cui comportamento dipenderà ovviamente dalla sua struttura chimica e morfologica e dal tipo di agenti degradativi interessati.

Diversi sono gli INDICATORI DI DEGRADAZIONE che possiamo osservare:

MECCANICI: variazione delle proprietà di bulk o di superficie in funzione del tempo di degradazione

CHIMICI: sviluppo di composti inerti (indice di carbonile osservabile in Fig. 1, curve di degradazione termica, etc.)

VISIVI-OTTICI: ingiallimento (“yellowing”), sbiancamento (“bleaching”) per usura, “whitening” (per sforzo meccanico), variazione di assorbimento ai raggi ultravioletti.

degradazione

Figura 1

Questi fenomeni possono essere studiati attraverso:

-      Analisi visiva, ottica e microscopica (SEM-EDS)

-     Analisi chimica (FT-IR, Raman, DSC)

-     Misura dei pesi molecolari (GPC)

-     Analisi indirette: prove meccaniche e reologiche (MFI, misure reologiche)

-     Tecniche di invecchiamento accelerato (UV, Xenon, cicli termici)

-     Misure di colore

-     Caratteristiche della superficie (gloss, rugosità, resistenza all’abrasione)

In generale, rivestimenti e prodotti vernicianti vengono protetti dall’azione dei processi di degradazione mediante sistemi stabilizzanti, cioè additivi capaci di rallentare o inibire i processi di degradazione.

La complessità degli studi dei processi di degradazione è dovuta all’azione spesso combinata di più agenti di degradazione; analogamente, la scelta di stabilizzanti efficaci è condizionata dalla conoscenza dettagliata dei meccanismi delle reazioni chimico-fisiche che si vogliono ostacolare.

Con l’obiettivo di affrontare questa complessità, RDLab137, da anni impegnata nella ricerca e nello studio dei materiali, dispone di un laboratorio attrezzato per l’analisi dei processi degradativi dei materiali.

L'utilizzo di tecniche che consentono di valutare più velocemente il comportamento di un materiale o di un prodotto, è di fondamentale importanza per la formulazione ed il controllo di prodotti che dovranno durare nel tempo. Generalmente ci si avvale di tecniche di invecchiamento accelerato con l’obiettivo di velocizzare gli eventuali processi di degradazione simulando il più possibile le condizioni del manufatto/materiale.

Non esistono strumenti universali, tuttavia, per quanto riguarda l'invecchiamento agli agenti atmosferici esterni, gli strumenti si basano su fonti luminose che irraggiano i provini, e sulla possibilità di riprodurre e controllare alcune variabili ambientali fondamentali come la temperatura, l'umidità, gli stress termici.

Schematizzando, avremmo quindi una camera a temperatura impostabile, con una sorgente di luce primaria (lampade UV o Xenon, ad esempio), la possibilità di controllare l'umidità ed eventuali stress termici.

Le prove di invecchiamento accelerato possono durare da poche ore fino a oltre 20000 ore ma non è sempre necessario aspettare così tanto. Non è indispensabile infatti arrivare a completa degradazione ed esistono tecniche di indagine che consentono di valutare lo stato di degrado precocemente.

Ad esempio, inizialmente, si  possono eseguire misure di colore con spettrofotometro, considerando i valori L*,a* e b* risultanti dalle misure spettrofotometriche. Alcuni indici spesso utilizzati che si ricavano dalle misure di colore sono l'indice di bianco (WI) e l'indice di giallo (YI).

Si può inoltre monitorare il chimismo della degradazione con misure FTIR e Raman in funzione del tempo.

Anche l'analisi al microscopio ottico o elettronico della superficie irraggiata può fornire utili indicazioni

Partendo dal presupposto che una simulazione precisa è impossibile, si sono sviluppate nel tempo alcune procedure standard per l’esposizione dei materiali in modo che, almeno tra loro, possa esserci un’accettabile riproducibilità dei risultati.

Tra le norme di riferimento più note ricordiamo:

ASTM G26 (Xenon) - Pratice for Operating Light-Exposure Apparatus (Xenon-Arc Type) with and without  Water for Exposure of Nonmetallic Materials

ASTM G53 (UV) - Practice for Operating Light- and Water-Exposure Apparatus (Fluorescent UV-Condensation Type) for Exposure of Nonmetallic Materials

ISO 4892 - Methods of Exposure to Laboratory Light Sources

ISO 11341 - Paints and varnishes - Artificial weathering and exposure to artificial radiation - Exposure to filtered xenon-arc radiation

ASTM G154 - Standard Practice for Operating Fluorescent Ultraviolet (UV) Lamp Apparatus for Exposure of Nonmetallic Materials

Le normative riconosciute sono sicuramente un buon punto di partenza per gettare le basi di uno studio completo; tuttavia basarsi solo su queste può essere riduttivo e quasi sempre non risolve l'esigenza di invecchiamento accelerato.

Purtroppo le variabili “esterne” spesso non sono completamente riproducibili e “variano” in maniera non prevedibile.

Per questo motivo in RDLab137 preferiamo a volte un approccio basato sul materiale, sui suoi comportamenti degradativi e, mediante un'analisi preventiva delle condizioni di esposizione, possiamo valutare quali test proporre in maniera efficace, per ridurre al massimo i tempi di risposta. Spesso i cicli standard possono essere ottimizzati con la conoscenza delle cinetiche termo-ossidative o foto-ossidative del materiale in oggetto.

Oltre a questo, basandoci su oltre 25 anni di esperienza nel settore dell'invecchiamento accelerato, possiamo suggerire studi del comportamento alla degradazione dei materiali integrando l'approccio della simulazione con quello dell'analisi del materiale.

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Dr. Erica Mannucci - Ultima revisione 05/11/2019

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