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IL POLIVINILCLORURO: DALLA MOLECOLA AL PRODOTTO FINITO di M.Veronelli

Milano, 31 Maggio 2018 – INTERVENTO AL PLAST

IL PVC: La molecola del PVC è compatibile con moltissimi additivi che rendono il campo applicativo di questo polimero assai vasto. Un esempio della versatilità del PVC è dato dalla possibilità di produrre manufatti «rigidi» e manufatti «flessibili». La temperatura di transizione vetrosa infatti, si sposta da T= 80°C ed arriva fino a T= - 40 °C o meno.

DEGRADAZIONE:  Il PVC è però un polimero che da solo degrada; generalmente possiamo infatti osservare una degradazione primaria (deidroclorurazione) ed una degradazione ossidativa (termo e foto ossidazione) che rendono necessari meccanismi di stabilizzazione. Gli stabilizzanti per PVC sono quindi parte ineliminabile di ogni formulazione.

POLIMERIZZAZIONE: Il Polivinilcloruro (PVC) viene prodotto polimerizzando il cloruro di vinile, un gas a T ambiente.

I processi industriali principali utilizzati per la sua produzione sono:

  • Polimerizzazione in sospensione o in massa: il PVC ottenuto è una polvere bianca con grani porosi di diametro medio compreso tra 100 e 180 micron
  • Polimerizzazione in emulsione e microsospensione: producono un lattice con particelle di diametro medio compreso tra 0.1 e 3 μm. Il lattice seccato e macinato porta a polveri friabili con grani compresi tra 5 e 50 micron.

GELIFICAZIONE: Durante il processo di lavorazione si perde il ricordo della granulometria iniziale e le molecole di PVC si omogeneizzano con quelle degli additivi, in maniera differente a secondo del tipo di additivo, dando luogo a un materiale continuo ed omogeneo con le caratteristiche desiderate (‘gelificazione’).

PROPRIETA’: Ricordiamo comunque che la maggior parte dei parametri coinvolti nei processi di lavorazione e di utilizzo di manufatti a base PVC deriva dalle proprietà chimiche delle macromolecole di PVC e degli additivi eventualmente presenti. Le catene macromolecolari del polivinilcloruro costituiscono l’ossatura di ogni prodotto finito di PVC. Il loro comportamento alla degradazione (generalmente deidroclorurazione e ossidazione) e la loro distribuzione di lunghezza sono le caratteristiche fondamentali.

ANALISI DEL PVC: Parlare di analisi della composizione di un manufatto a base polimerica, significa affrontare un argomento vastissimo e modalità di approccio anche molto differenti tra loro.

Se l’obiettivo è conoscere la composizione di un campione non noto, la prima necessità è avere a disposizione una serie di strumenti “universali” che si adattino all’analisi di sostanze anche molto diverse tra loro. Inoltre le competenze tecniche devono essere elevate e i tempi di analisi e di risposta possono essere anche molto lunghi.

Viceversa, misurare e garantire la costanza qualitativa di un prodotto (esigenza tipica del controllo qualità) implica avere a disposizione una strumentazione specifica. Viene inoltre richiesta una garanzia nella continuità e nella semplicità delle analisi, ed un’elevata competenza tecnica nella messa a punto dei metodi.

Di seguito un esempio di un’attrezzatura di laboratorio adeguata per affrontare la caratterizzazione del PVC e di manufatti a base di PVC:

  • Valore K: viscosimetro
  • Pesi molecolari: GPC
  • Particelle: SEM, porosimetria, setacci
  • Scorrevolezza, densità apparente, peso specifico
  • Gelificazione: reometri
  • Strumenti specifici per resina emulsione (centrifuga, Coulter, Brookfield, etc.)
  • Difettosità: microscopia ottica e SEM-EDX
  • Cromatografia (monomero residuo)
  • Estrazioni (es. metanolica, etanolica)
  • Deidroclorurazione (titolazione)
  • Misura quantità Cloro
  • Cold-flex
  • Misure elettriche
  • Test e prove meccaniche (trazioni, urti)
  • Misure dinamico-meccaniche
  • Spettroscopia FTIR/Raman/UV-Vis
  • Durometri
  • Abrasimetro
  • Misure termiche: DSC – TGA

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